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Lui fa come vuole. Quando in un modo, quando in un altro. Ha la sua logica. Ha i suoi ritmi. I suoi tempi. Ragioni poco chiare per me, ma molto naturali per lui.

Lui cresce come la luna in cielo. È ciclico. Ha le sue fasi. Quando crescente quando calante.

In questi giorni è crescente. Lo sento. Sento che le mie rotondità sono più piene. Riempiono e stanno strette dove prima si adagiavano comodamente.

È cosi quando è quasi uggioso e bizzoso.

È cosi quando madre natura fa tintinnare il suo orologio. Un orologio che scandisce.

Un orologio che mi fa invidiare i signor uomini.

Un’invidia per il loro non esser scanditi da fasi cicliche mensili!

So che tra qualche giorno tornerà tutto come sempre.

Lo so.

So anche che però Lui è cambiato.

Ha risentito di me.

Di questi ultimi anni.

Stamani mi sono svegliata.

Fuori c’era il sole.

Tre biscotti. Tanta acqua.

Sono uscita e sono tornata sull’argine. Dopo mesi.

Sono tornata dove un tempo correvo un’ora tutte le sere.

Una meravigliosa ora dove stavo da sola con il mio corpo.

Sole. Vento. Freddo. Acqua. Non mi interessava. Io avevo bisogno di quell’ora.

Poi le mie ossa hanno iniziato ad urlare e mestamente mi sono chiusa in una palestra.

La corsa ha continuato a mancarmi.

Mi manca. Tanto.

Una voglia… indescrivibile…

Voglia che mi parte dalla pancia.

La desidero.

So che mi avrebbe aiutata. Tanto in questi anni.

Anni difficili.

Stamani, camminando a passo lesto, sono tornata su quel sentiero. Un sole mattutino ed un leggero vento mi ha accarezzato.

Avevo voglia di fregarmene della mia schiena, delle mie ginocchia e correre. Scaricare tutto quello che da troppo tempo nascondo dentro di me.

Anni dove tutto è cambiato.

È crollato qualcosa.

Anni dolorosi in casa.

Sempre di più.

Anni dove ho capito in un solo giorno di lacrime il perché della durezza di mio padre.

Dove l’ho visto piangere per un peso troppo grande celato in lui.

Dove ho visto una donna diversa. Ancora più dura. Cattiva. Una donna che vive come vittima di se stessa ma carnefice degli altri. Una donna che ha bisogno di infierire sulle debolezze altrui per sentirsi vittima di questi. Mia madre.

Ho visto mio fratello farsi più duro. Come se non fosse un problema suo.

Ho visto la mia amica più cara che mi si allontanava perché stavo troppo male.

Ho visto il mio corpo ribellarsi a me.

Un corpo che urlava con quotidiane emicranie.

Dolore insostenibile.

Dolore che non passava.

Con niente.

Ho continuato ad andare avanti.

In realtà sono stata ferma.

Ho chiesto aiuto.

Psicologa, medico, fisioterapista, flussuteapeuta, chiropratico, osteopata, omeopata… aulin, novalgina, cibalgina, dolocid, rizavil, fiori di bach, chakra, orgonomia…

Solo dolore. Sempre dolore. Fuori e dentro di me.

Giorni al buio. In attesa di vomitare. Di vomitare l’anima.

Stamani il sole mi ha baciata.

Stamani ho visto tutti gli anni che mi sono lasciata alle spalle.

Ricordo ancora l’ultimi mesi prima di quel maggio.

Io. Il mio corpo. Lo studio. Gli esami che davo. Gli amici….

La mia vita…

Dopo. Nessun vivere. Ma solo vegetare.

Vegetare per sopravvivere.

Ho ucciso la mia vita.

Mi sono chiusa.

Non mi sono più ascoltata. Troppo dolore.

E tutto è diventato un fallimento.

Il mio corpo.

Lo studio.

L’amore.

L’amicizia.

Stamani ho visto sul quel sentiero l’inutilità di me…

Ora basta.